FRANCIA: FORSE IL RUGBY MI HA PERSINO SALVATA.

“Forse il rugby mi ha persino salvata”

Brigitte Juglay

Brigitte Juglay

Mercier Pascale

Si ringraziano:

Brigitte Juglay
past vice presidentessa Fed.francese con delega al settore femminile, membro di World Rugby

Mercier Pascale
Vice Presidentessa Fed. Francese con delega al settore femminile

  • La storia del movimento femminile in Francia
  • Testimonianze
  • Tempo di lettura 10′

 

FRANCIA - Scopri di più


La Francia è una repubblica parlamentare dell’Europa occidentale con circa 68,4 milioni di abitanti nel 2024 e una leggera maggioranza femminile. Le donne occupano il 37,3 % dei seggi parlamentari e partecipano alla forza lavoro per il 52,6 %, rispetto al 61,8 % degli uomini. Il paese dispone di un solido quadro normativo per la parità di genere, ma permangono disparità salariali e sottorappresentanza ai vertici del settore privato. (FONTE: data.unwomen.org; World Bank Gender Data Portal; IPU Parline; INSEE)

STORIA DEL PAESE

1. Quando è nato il movimento del rugby femminile nel tuo paese e qual è la sua storia? Com’è strutturato il rugby nel tuo Paese?

1912. Gli anni ruggenti della “barette” In Francia, alla fine del XIX secolo, la pratica sportiva a scuola, a servizio della costruzione della Repubblica, diede vita a una forma di rugby senza placcaggio, chiamata “barette”, e a qualche incontro tra donne. Nel 1912, a Parigi, presso lo stadio Élisabeth, vicino a Porte d’Orléans, nacque il primo club polisportivo femminile, il Fémina Sport. Questo club prese il volo dopo il 1918, alla fine del primo conflitto mondiale, che aveva mobilitato gli uomini e provocato una prima emancipazione delle donne rimaste nelle retrovie. Nel 1917, Alice Milliat creò la Fédération des Sociétés Féminines Sportives de France, all’origine delle prime Olimpiadi riservate alle donne, organizzate a Monte-Carlo nel 1922. In questo nuovo contesto, la “barette”, che si stava evolvendo gradualmente verso il rugby, si sviluppò al Fémina Sport a partire dal 1920, grazie a Marie Houdré, di professione dottoressa. Fu supportata da André Theuriet, giocatore della nazionale e del SCUF. Nacquero anche le Hirondelles de Paris. Furono inaugurate sezioni femminili in altri club della capitale come Les Cadettes de Gascogne, il Nova-Fémina, La Ruche, l’ASPTT Paris o l’Union sportive athlétique clodoaldienne. Nelle province, oltre a qualche partita occasionale in diverse località, si formarono squadre a Tolosa, Bordeaux, Nancy, Lorient o Lilla, le cui atlete furono incoronate campionesse di Francia nel 1924 Ritrovato in un documento, l’esempio di una squadra di “barette” negli anni ’20: 12 giocatrici, di cui 6 avanti, 2 mediane, 4 tre-quarti e 1 estremo. Il loro campo: 80 m x 55 m. Principali regole del gioco:

  • Calci al volo autorizzati nel gioco.
  • In caso di rimessa laterale, ripresa del gioco da parte del mediano di mischia avversario, che lancia il pallone verso la linea delle giocatrici.
  • Miste non spinte.
  • Dribbling, placcaggi alle gambe e alla testa vietati.
  •  Tenuta e placcaggi alla cintura autorizzati.

Francese di Rugby proibì ai suoi club di accogliere giocatrici. All’inizio degli anni ’30, quello che ormai può essere considerato rugby femminile aveva la capacità di riunire diverse migliaia di spettatori durante alcune partite e di ottenere buoni incassi. La disciplina, però, si auto-sabotò paradossalmente! Sconfitti dalla pressione sociale, i suoi effettivi crollarono come quelli del calcio, al punto che entrambi furono radiati dalla Federazione delle Società Sportive Femminili di Francia. Iniziò così una lunga eclissi per il rugby femminile… “Il grande combattimento del XV di Francia” al femminile! Questo titolo, preso in prestito dall’opera mitica di Denis Lalanne del 1959, può essere trasposto alla sfida che il rugby femminile dovette affrontare in un’epoca in cui iniziava la lunga lotta per l’uguaglianza di genere nella società francese. Per quanto riguarda il rugby, gli statuti dell’International Board precisavano che i suoi dirigenti e i suoi giocatori erano “esclusivamente di sesso maschile”. In Francia, dove i club avevano il divieto di creare sezioni femminili, il segretario di Stato per la Gioventù, Marceau Crespin, affermò nel 1972 che il rugby gli sembrava totalmente sconsigliato per le donne. Negli anni ’60, riunire le donne su un campo era quindi possibile solo in occasioni eccezionali, per raccolte fondi umanitarie o anche durante feste di paese! In effetti, il successo era garantito. Il pubblico (essenzialmente maschile!) si accalcava per vedere le “scazzottate” e divertirsi! Rimanevano però delusi, perché accadeva esattamente il contrario. La qualità tecnica e il gioco proposti dalle giocatrici provocavano dapprima stupore e poi un’adesione entusiasta. A Miramont de Guyenne già dal 1959, in Aquitania nel 1964, a Dinard nel 1965, a Limoges nel marzo 1966, immagini d’archivio dell’INA (Institut national de l’Audiovisuel) mostrano partite di rugby femminile. In questo contesto di incontri di un solo giorno, il più delle volte senza seguito o creazione di club, alcune date sono passate alla storia. Un accordo di riconoscimento viene concluso nel 1979 e rafforzato nel 1982. Il rugby femminile non è più fuori legge… L’AFRF diventa la Fédération Française de Rugby Féminin nel 1984. 7-8 luglio 1989: Riunita in congresso a Bordeaux, la FFR (Federazione Francese di Rugby) vota per l’integrazione del rugby femminile e nomina Marc Gosse presidente della neonata commissione femminile. Il rugby femminile francese è uno dei più sviluppati al mondo, con un sistema di club e campionati ben strutturato e in continua evoluzione. Oggi conta 45.000 atlete Il campionato francese di rugby a 15 femminile è organizzato in diverse categorie, dalla massima serie alle divisioni regionali. La struttura è piramidale, e si basa su promozioni e retrocessioni. Élite 1: È la massima divisione. Attualmente è composta da 16 squadre, suddivise in due gironi. Le migliori squadre accedono ai playoff per contendersi il titolo di campione di Francia. Élite 2: È la seconda divisione nazionale. Fédérale 1, 2 e 3: Al di sotto dell’Élite 2, ci sono le categorie federali, gestite a livello nazionale. Campionati Regionali: Infine, ci sono le divisioni regionali (Reg. 1, Reg. 2, Reg. 3), che rappresentano la base del movimento e sono gestite dalle diverse leghe locali.

2. Pensi che giocare a rugby abbia un impatto sociale per una donna nel tuo paese?

Sì, giocare a rugby può avere un impatto sociale significativo per una donna, specialmente in paesi dove questo sport è tradizionalmente percepito come maschile. Ecco alcuni punti chiave: Rompere gli stereotipi di genere Il rugby è spesso associato a forza, aggressività e robustezza, qualità storicamente valorizzate negli uomini. Quando una donna sceglie di praticare questo sport, mette in discussione le norme sociali su ciò che “dovrebbe” essere un’attività femminile. Ciò contribuisce a una ridefinizione dei ruoli di genere e a una maggiore diversità nello sport. Acquisire fiducia e visibilità Le donne che giocano a rugby sviluppano una forte fiducia in se stesse, capacità di leadership, solidarietà e spirito di squadra. La loro visibilità, in particolare attraverso i media o le competizioni, ispira altre donne e ragazze ad affermarsi in spazi considerati maschili. Cambiare le mentalità nell’ambiente circostante Spesso una donna che gioca a rugby suscita sorpresa o giudizi, anche all’interno della sua famiglia o della sua cerchia sociale. Perseverando, può influenzare positivamente queste mentalità, dimostrando che forza e femminilità non sono incompatibili e aprendo la strada ad altre. Creare nuovi spazi di solidarietà Il rugby femminile crea comunità in cui le donne si sostengono a vicenda, scambiano esperienze e lottano insieme per una maggiore uguaglianza nello sport (accesso alle attrezzature, riconoscimento mediatico, ecc.). I nostri due esempi, tu in Italia e io in Francia, dimostrano che l’unione fa la forza. In sintesi: Sì, giocare a rugby può avere un forte impatto sociale per una donna, sia personalmente (autostima, fiducia, orgoglio) che collettivamente (cambiare le percezioni, ampliare le scelte offerte alle donne). È un atto a volte militante, spesso coraggioso e sempre significativo. Il rugby può offrire fiducia in sé stesse Il rugby è uno sport fisicamente e mentalmente impegnativo. Impegnandosi, le donne sviluppano una grande forza interiore, sicurezza, capacità di prendere decisioni rapidamente e di imporsi in situazioni di pressione. È una scuola di vita. Solidarietà e spirito di squadra Il rugby si basa molto sulla coesione del gruppo. Per le donne, è l’occasione per creare legami forti, sostenersi a vicenda in un contesto in cui lo sforzo collettivo è valorizzato. Ciò può anche rafforzare un senso di appartenenza a una comunità femminile forte e solidale. Affermazione di una nuova immagine della donna In una società in cui certe norme di bellezza e comportamento pesano ancora sulle donne, il rugby offre uno spazio in cui vengono valorizzate altre qualità: forza, resistenza, resilienza. Ciò contribuisce ad arricchire la rappresentazione di ciò che una donna può essere oggi. Visibilità ed esempio per le ragazze Più donne giocano a rugby, più le ragazze vedono che anche loro possono praticare questo sport. Le donne che giocano a rugby diventano modelli di riferimento, specialmente quando sono visibili nei media o nella loro comunità locale. Uguaglianza e trasformazione sociale Praticare uno sport storicamente maschile come il rugby contribuisce a combattere le disuguaglianze di genere nello sport. Può anche promuovere progressi su questioni come l’uguaglianza di accesso alle infrastrutture, ai finanziamenti e al riconoscimento. In sintesi: Il rugby può trasformare l’immagine sociale della donna, rafforzare l’autostima, promuovere l’emancipazione e aprire nuove opportunità. È molto più di uno sport: è una leva per il cambiamento sociale.

UN VIAGGIO NEL RUGBY (Brigitte Juglay – Estratto dalla video intervista)

ASCOLTA L’INTERA INTERVISTA QUI: https://www.youtube.com/watch?v=5jT2z199hHg&t=156s

1. Quando hai iniziato a giocare a rugby e come hai scoperto della sua esistenza?

Passeggiavo vicino a uno stadio dove ero solita correre e ho visto alcune ragazze che giocavano a rugby… ho avuto la sfortuna di toccare un pallone da rugby… e me ne sono innamorata.

2. Cosa ti ha insegnato il rugby che ha avuto un impatto sulla tua vita quotidiana? Puoi farmi un esempio di quando una mentalità da rugby ti è stata utile?

Ho trasferito i valori del rugby nella gestione dell’azienda vinicola. Ho applicato leadership, visione e resilienza. “Il rugby mi è servito anche nel mio mestiere di viticoltrice… È così che ho costruito la mia visione e il mio modo di dirigere.” Fusione tra club rivali: leadership e mediazione. Battaglia contro il cancro, supportata dalla comunità rugbistica. “Forse il rugby mi ha persino salvata.”

3. Puoi darmi 3 parole che connettono il rugby con la libertà?

Trasmissione. Forza del gruppo. Amicizia

4. Cosa significa per te vivere in una terra di libertà?

Libertà di esprimersi, dirigere, unire, essere donna in un mondo maschile. “All’inizio ho incontrato resistenze, soprattutto perché ero una donna. […] Ma ho resistito.”

5. Qual è un aforisma che guida la tua vita?

“Non guardo mai indietro. Io costruisco sempre guardando al futuro.”


RUGBY EMPOWERMENT PER LA VITA – LA STORIA SIAMO NOI