
ITALIA
1985 – Nazionale italiana Rugby (primo test match)

1991 – Nazionale italiana Rugby

Si ringraziano:
Mafalda Palla, Andrea Fabbri, Anna Basile, Sara Bonaldi, Marta (Vally) Breda, Beatrice Brocca, Maristella Cimini, Bruna Collodo, Lara Fabbri, Marzia Ghirardini, Manuela Grigolato, Silvia Lolli, Sabrina Melis, Lorena Moscon, Lorena Nave, Antonella Rossetti, Roby Segantini, Sedra Tartagni, Elena Tescola, Fabris Vania ed Erika Morri.
- La storia del movimento femminile in Italia
- Testimonianze
- Tempo di lettura 25′
STORIA DEL PAESE
Le Origini e i Primi Passi – L’era Pionieristica (Anni ‘70 – ‘80)
Il movimento del rugby femminile in Italia ha le sue radici alla fine degli anni ’70, grazie all’iniziativa di un gruppo di ragazze, spesso sorelle o fidanzate di giocatori, che iniziarono a praticare questo sport per puro divertimento. Pare che la prima squadra ufficiale sia nata a Milano nel 1978, l’anno dopo si costituirono altre squadre nelle città di Treviso, Lodi, Bergamo e Piacenza… seguirono Roma, Vicenza e S.Donà del Piave
Nel 1984 il primo Campionato a cui parteciparono le squadre: Milano, Vicenza, Treviso, Trieste, Bologna e S. Donà (cit. libro “Il rugby femminile” A. Fabbri – M. Fogli 1992)
- 1980: Segna una data storica con la prima partita ufficiale di rugby femminile in Italia, che vide affrontarsi le formazioni di Treviso e Milano. Le “Red Panthers” di Treviso, in particolare, si affermarono come la squadra più forte dell’epoca e diventarono un punto di riferimento per l’intero movimento.
- 1985: Si disputa a Riccione il primo test match della Nazionale italiana contro la Francia, una partita che suscitò molta curiosità nonostante il contesto ancora “non ufficiale”. La neonata lega del rugby femminile, organizzata sotto l’egida dell’UISP (Unione Italiana Sport Per tutti), lancia il primo campionato nazionale
- Le divise: La Nazionale non aveva ancora una divisa ufficiale con lo stemma federale. Le giocatrici vestirono una maglia completamente bianca, prodotta da Adidas, con uno scudetto tricolore e la scritta “ITALIA” in lettere dorate. Questa maglia è diventata un simbolo di quel periodo di transizione.
- Risultato: Il match si concluse con un pareggio 0-0 contro la Francia. Un risultato notevole, considerando che si trattava del primo incontro internazionale per l’Italia, giocato contro una formazione già più strutturata.
Le giocatrici partecipanti furono:
Faliva Francesca, Bolcato Paola, Breda Marta, Appiani Gabriella, Moscon Lorena, Palla Mafalda, Rossetti Antonella, Tonna M.Cristina, Palla Mansueta, Ghirardini Marzia, Berlato Paola (mamma Tommaso Allan), Collodo Bruna, Medvescek Cinzia, Nave Lorena, Moscon Lorena, Fabris Vania, Corbanese Adelina,Rossetti Paola, Lolli Silvia, Zanatta Norma,Marchi Luisa
Allenatore Mariano Ganga e Roberto Mertz – aiuto allenatore ma non era ufficiale Mario Schiavon
- 1988: A Bourg en Bress (Francia) si è disputata la prima Coppa Europa (Francia – Gran Bretagna, Olanda, Italia) dove ci classificammo ultime.
La Lotta per il Riconoscimento e l’Ingresso nella FIR (Anni ’90)
Fino alla fine degli anni ’80 gli arbitri era proibito arbitrare le partite del femminile e i club che ospitavano i match erano squalificati.
Per anni, il movimento femminile rimase al di fuori della Federazione Italiana Rugby (FIR), che non lo riconosceva ufficialmente. L’attività si basava su tornei autogestiti e sulla dedizione delle atlete e dei club ed i campionati venivano effettuati come UISP.
- 1991: Partecipazione dell’Italia alla Prima Coppa del Mondo femminile – Cardiff 9-14 Aprile. Italia settima classificata – 12 Nazioni partecipanti: U.S.A (vincitrice del torneo) Inghilterra, Francia, Nuova Zelanda, Canada, Spagna, Italia, Olanda, Galles, Svezia, Giappone, U.R.S.S.
- La FIR decide finalmente di assumere la gestione del rugby femminile, integrando le attività e riconoscendo la Nazionale. Questo passaggio è cruciale, perché garantisce una struttura, un’organizzazione e un supporto federale che prima non esistevano.Il riconoscimento FIR segna un punto di svolta fondamentale per lo sviluppo e la strutturazione del movimento.
Ecco alcuni dettagli importanti:
- Contesto del torneo: La Coppa del Mondo del 1991 fu un evento totalmente autogestito e non riconosciuto dall’allora International Rugby Board (IRB), l’organismo che governava il rugby maschile. Fu organizzato da un gruppo di donne del mondo del rugby inglese e gallese con fondi limitati e la collaborazione di club locali che fornirono i campi. Il riconoscimento ufficiale da parte di World Rugby (l’ex IRB) arrivò solo nel 2009, a dimostrazione del lungo percorso per l’affermazione di questo sport.
- La situazione italiana: Per l’Italia, la partecipazione a questa Coppa del Mondo fu un traguardo straordinario. La squadra ottenne il riconoscimento ufficiale dalla FIR (Federazione Italiana Rugby) solo un mese prima di partire per il Galles. Fino a quel momento, l’attività era gestita dall’UISP, e la Nazionale era un gruppo di ragazze con una grande passione, ma senza un supporto federale strutturato.
- La rosa e la preparazione: La squadra, composta da atlete provenienti da diverse regioni, si preparò in un modo molto artigianale, simbolo della dedizione di quel periodo. Ad esempio, è noto che le giocatrici furono ospitate in un convento a Ferrara durante la preparazione e che le divise non erano ufficiali.
- Il percorso dell’Italia: La Nazionale italiana venne inserita nel girone D, insieme a due formazioni molto forti: Inghilterra e Spagna. Le Azzurre subirono due sconfitte, contro l’Inghilterra (25-9) e la Spagna (13-7), classificandosi terze nel loro girone. Nonostante i risultati, la partecipazione fu un successo in termini di visibilità e di esperienza, ponendo le basi per il futuro.
- L’impatto culturale: L’avventura di quella squadra non fu solo sportiva. La loro partecipazione contribuì a rompere un tabù e a ottenere la prima attenzione mediatica significativa per il rugby femminile in Italia, come testimonia l’articolo “Donne da Mischia” apparso sul settimanale “Il venerdì di Repubblica”.
Le giocatrici partecipanti alla Coppa del Mondo furono: Anna Basile, Martina Bettella, Elena Bisetto, Sara Bonaldi, Cristiana Boncilli, Federica Bortolato, Wally Breda, Paola Brigato, Beatrice Brocca, Wilma Castellari, Antonella Castellano, Adelina Corbanese, Teresa Fregola, Marzia Ghirardini, Manuela Grigolato, Sonia Lai, Silvia Lolli, Sabrina Melis, Erika Morri, Lorena Nave, Carla Negri, Mafalda Palla, Stefania Scaldaferro, Roberta Segantini, Sedra Tartagni, Michela Tondinelli
Allenatore: Andrea Fabbri e Medico Marco Fogli
L’Affermazione Internazionale (Anni 2000)
Negli anni successivi, la Nazionale italiana femminile, soprannominata “le Azzurre”, ha iniziato a partecipare a competizioni internazionali, crescendo progressivamente di livello.
- 1991: La Nazionale italiana partecipa alla prima Coppa del Mondo di rugby femminile, organizzata in Galles.
- 2007: L’Italia entra a far parte del Sei Nazioni femminile, il più prestigioso torneo europeo. un passo fondamentale che le proietta stabilmente tra le migliori squadre europee.
- 2019: Le Azzurre raggiungono il loro miglior risultato di sempre nel Sei Nazioni, classificandosi al secondo posto battendo la Francia a Padova
- Successi Recenti: Negli ultimi anni, la Nazionale ha continuato a ottenere risultati di prestigio, come il secondo posto al WXV nel 2023 e la qualificazione alla Coppa del Mondo 2025.
In questo mondiale del 2025 è nel girone insieme a Francia – Sud Africa e Brasile
Il Consolidamento e l’Età d’Oro Recente
Gli ultimi anni hanno visto una crescita esponenziale del rugby femminile italiano, con investimenti crescenti e risultati di alto livello.
- 2019: La Nazionale femminile raggiunge il suo miglior piazzamento di sempre nel Sei Nazioni, classificandosi seconda. Un risultato storico che ha aumentato la visibilità e la popolarità dello sport.
- 2023-2024: Le Azzurre continuano a dimostrare il loro valore a livello mondiale, ottenendo due secondi posti consecutivi al torneo WXV, che assicurano loro un posto tra le migliori squadre a livello internazionale e la qualificazione alla prossima Coppa del Mondo.
IL SETTORE FEMMINILE ITALIANO
In Italia, maschi e femmine giocano insieme sino ai 12 anni
La crescita del rugby al femminile in Italia è stata grazie all’invenzione della Coppa Italia, un torneo nel quale si giocava a 7 – ma differentemente dal 7’s che si gioca alle Olimpiadi – giocando da touche a touche, ovvero da linea laterale a linea laterale.
Questo permetteva una gestione facilitata degli spazi anche per chi cominciava a giocare.
Da quest’anno, si è cominciato la trasformazione verso il 7’s olimpico ( la prima volta che si è giocato a Rugby alle Olimpiadi è stato il 2016).
Il campionato a 15 seniores è diviso in un girone Serie A Elite da 8 squadre, e da 3 gironi territoriali di cui uno meritocratico (dove giocano le squadre più esperte)
UN VIAGGIO NEL RUGBY
Per il mondiale del 2021 abbiamo intervistato tutte le Azzurre partecipanti, potete trovare le interviste online nel canale YOUTUBE di Wo*men’s: https://www.youtube.com/watch?v=ceb2FOI4eUU&list=PLjMTLXlu_55XtLG1aTeOmO2AUyUHVVOq6
Come rappresentante nel mondo, Maria Cristina Tonna: https://www.youtube.com/watch?v=ceb2FOI4eUU
Per questo mondiale, visto che celebriamo i 40 ANNI DALLA PRIMA PARTITA DELLA NAZIONALE FEMMINILE DEL 1985, abbiamo le testimonianze di alcune Azzurre che vissero il primo decennio della nostra attività e dell’Allenatore del Mondiale del 1991 Andrea Fabbri.
Mafalda Palla
Terza linea
Capitana della squadra italiana della Coppa del Mondo 1991
1. Quando hai iniziato a giocare a rugby?
Nel 1979
2. Come hai scoperto la sua esistenza?
Da mia sorella che aveva già iniziato che, a sua volta, aveva una collega di lavoro che stava facendo i primi allenamenti nel primo nucleo a Treviso.
3. Cosa hai imparato dal rugby che ha avuto un impatto sulla tua vita quotidiana?
La disciplina, la generosità e la gioia.
4. Puoi farmi un esempio di quando una mentalità rugbistica ti è stata utile?
Quando iniziavo o inizio una cosa difficile penso sempre che è come uninizio di partita, parto dallo 0 a 0. Non sono superiore non sono inferiore me la gioco con le mie abilità e la mia volontà.
5. Puoi dirmi 3 parole che collegano il rugby alla libertà?
Possibilità – meta – campo aperto
6. Cosa significa per te vivere in una terra di libertà?
Non dovermi preoccupare della mia sopravvivenza e poter sviluppare e seguire le mie aspirazioni.
7. Quale oggetto ti rappresenta di più?
Non ci ho mai pensato, potrebbe essere un fiore, la Calla, che vedo bellissima nella sua semplicità e essenzialità.
8. Quale è un aforisma che guida la tua vita?
Sembra impossibile fino a quando non viene fatto. (Nelson Mandela)
Andrea Fabbri
Dal 1989 responsabile della Selezione Nazionale Rugby Femminile, dal 1991 al 1994 come Tecnico Federale.
Dal 2021 sono il responsabile tecnico del progetto RUGBY 27 – Oltre le sbarre presso il carcere di Ferrara. Nelle attività FIR di rugby integrato, dal gennaio 2024 collaboro inoltre con una associazione per proporre la palla ovale ad un gruppo con disabilità di vario tipo
1. Come e quando ti sei avvicinato al rugby femminile?
Dal 1986 per un paio di anni avevamo inserito nella Festa del Rugby di fine attività del CUS Ferrara una partita femminile con mamme, fidanzate, ecc. Nel 1988 visto che c’erano sette ragazze che giocavano a Bologna, ho provato ad organizzare un torneo nazionale seven di rugby femminile, aderirono con successo otto squadre. Nel1989 sono stato contattato dalla Lega Uisp e ho avuto l’incarico di responsabile della selezione nazionale.
2. Com’era la partecipazione al campionato UISP e come è nata l’idea di partecipare alla Coppa del Mondo 1991?
Il campionato UISP si giocava con molte difficoltà, poche squadre che avevano difficoltà a crescere ed organizzarsi, problemi con la FIR, ma tanta volontà ed entusiasmo da parte delle ragazze , per sopperire ai problemi strutturali, Visti i buoni risultati conseguiti nelle prime uscite della selezione nazionale, avuta comunicazione nel marzo 90 a Birmingham dell’ organizzazione della Women’s Rugby World Cup ’91, la Lega decise di partecipare( con l’ autofinanziamento delle giocatrici) impostando un lavoro organico con la creazione di un gruppo di studio, per arrivare a questo importante appuntamento. Arrivò poi il 15 gennaio 1991 il riconoscimento ufficiale della FIR che eliminò le ultime difficoltà.
3. Come erano le squadre ed il campionato negli anni ’90?
Il campionato anche in regime FIR , è continuato (e continua tuttora , a parte qualche eccezione) tra le difficoltà delle squadre che spesso si autofinanziano, con spese a volte insostenibili, ed altri problemi che sono la causa di rinuncia all’ attività di molte società.
4. Come è stato il tuo impatto alla Coppa del Mondo incontrando gli altri Paesi?
L’impatto è stato estremamente positivo, sia sul lato umano che tecnico. Ho visto la metodologia di allenamento ed il tipo di gioco applicato dalle squadre più titolate, per arrivare ed una evoluzione del rugby maggiormente adatto alla caratteristiche delle giocatrici di quel periodo: punti di lancio del gioco molto rapidi con velocità di esecuzione derivante dal lavoro atletico e dalla tecnica individuale.
5. Cosa ti sei potato a casa e cosa hai applicato?
Mi sono portato a casa un’ esperienza emozionalmente unica, ma soprattutto la consapevolezza che la metodologia di allenamento doveva essere basata sulle caratteristiche dei giocatori a disposizione sul campo di gioco, senza riferirsi prioritariamente agli stereotipi teorici delle indicazioni ricevute agli aggiornamenti tecnici che hanno una funzione di base del lavoro.
6. Come secondo te ha impattato il rugby nella vita quotidiana delle atlete che hai allenato?
Da quel che vedo è rimasto un legame molto sentito fra le giocatrici, consapevoli di aver vissuto un’ esperienza unica, da vere pioniere della disciplina. Non c’è un presente , senza una storia passata, e senza le pioniere non ci sarebbe stato una realtà fatta di sei nazioni, mondiali, ecc, perché sicuramente lo spirito di allora è stato tramandato alle giocatrici di oggi che dimostrano quell’ abnegazione, quella voglia, che porta a superare gli ostacoli.
7. Qual è il tuo ricordo più vivido di quel periodo?
Il momento che non ho mai dimenticato e che mi resterà per sempre scolpito nella memoria, è stata la riunione con la squadra nella palestra del college di Cardiff che ci ospitava prima della partita inaugurale con l’ Inghilterra. Le mie parole venivano dalla consapevolezza di trovarmi a vivere una pagina di storia del rugby italiano, ma erano in particolare gli occhi delle ragazze che mi ascoltavano che trasudavano di felicità, c’è l’ avevano fatta, stavano realizzando un sogno cullato fra mille problemi. Non esistono parole che possano far capire cosa dicevano quegli sguardi. In 50 anni di rugby, e per mia fortuna avendo vissuto tante esperienze, non ho mai più sentito un’ emozione così intensa.
Non mollare mai.Anna Basile
Terza linea
1. Quando hai iniziato a giocare a rugby?
Ho cominciato a giocare nel al Villa Panphili Roma nel 1981 perché avevo degli amici che giovano lì, e Salvatore Gallo che era l’allenatore ci chiese se volevamo provare… portate una tuta che
2. Cosa hai imparato dal rugby che ha avuto un impatto sulla tua vita quotidiana?
Pazienza, perseveranza… ho imparato a fare le cose insieme agli altri/e
3. Puoi farmi un esempio di quando una mentalità da rugbista ti è stata utile?
Mi ha insegnato a non prevalere, a spiegare agli altri i miei punti di vista e a pazientare… la pazienza era qualcosa che proprio non avevo… e l’ho imparata grazie al rugby
4. Puoi darmi 3 parole che colleghino il rugby alla libertà?
Saper stare con gli altri, fare… e rispettare gli altri
5. Cosa significa per te vivere in una terra di libertà?
Mi piace tanto stare all’aria aperta, viaggiare con gli amici e le amiche… in tanti
6. Quale oggetto ti rappresenta e perchè?
Mi sento rappresentata dal vento… perché soffia ovunque libero
7. Qual è un aforisma che guida la tua vita?
Non mollare mai.
Sara Bonaldi
Tallonatrice
Ho iniziato a giocare nel 1987, così per provare, c’era un progetto di avviare a Mirano una squadra di Rugby femminile, da lì è iniziata l’avventura.
In Nazionale ho giocato solo per un breve periodo, dal 1989 all’91 in quel periodo ho avuto il privilegio di esser stata convocata con Beatrice Brocca per i Mondiali.
È stata un’esperienza fantastica, anche se ho giocato una partita sola e penso di ricordare bene anche solo un tempo.
Dopo quell’esperienza, per motivi di lavoro, ho dovuto abbandonare, ho ripreso dopo un anno con la squadra del Riviera del Brenta da lì fino il 2010, adesso gioco saltuariamente a Mirano, Rugby touch.
Il Rugby mi ha insegnato la tenacia, la voglia di rialzarmi, e questo me lo porto nella vita quotidiana.
Marta “Vally” Breda
Pilone sinistro
1. Quando hai iniziato a giocare a rugby e come hai saputo per la prima volta della sua esistenza?
Nel marzo del 1983 alla Benetton Treviso, avevo amici che giocavano nella squadra maschile del mio comune di residenza e sapevano di un gruppo di ragazze che avevano iniziato ad allenarsi… nelle Red Panthers.
2. Cosa hai imparato dal rugby che ha avuto un impatto sulla tua vita quotidiana?
Lo stare in gruppo e collaborare, impegnarsi per raggiungere un obiettivo comune.
3. Puoi farmi un esempio di quando una mentalità rugbistica ti è stata utile?
Dopo aver lavorato alle dipendenze con un titolare e solo due colleghi, lavorare come formatore a scuola con tanti ragazzi, tanti colleghi, il lavoro di squadra mi ha aiutato molto
4. Puoi dirmi 3 parole che collegano il rugby alla libertà?
Conoscenza, condivisione, partecipazione.
5. Cosa significa per te vivere in una terra di libertà?
Vivere rispettando gli altri e dove gli altri rispettano te.
6. Quale oggetto ti rappresenta di più?
Nessun oggetto. Casomai l’affidabilità. Perché? Lo dice la parola stessa.
7. Quale è un aforisma che guida la tua vita?
“Se non conosci i particolari, non giudicare.” Non so se è un aforisma… è quello che penso io.
Beatrice Brocca
Mediano di mischia – Ala
1. Quando hai iniziato a giocare a rugby?
Ho iniziato quando avevo 14 anni
2. Come hai scoperto la sua esistenza?
Mio papà fin da piccina,le domeniche,mi portava con lui a vedere le partite
3. Cosa hai imparato dal rugby che ha avuto un impatto sulla tua vita quotidiana?
Ho imparato il gioco di squadra,ho trovato amiche che ancora oggi quando ci vediamo c’è un feeling particolare che non c’è con le altre persone
4. Puoi farmi un esempio di quando una mentalità rugbistica ti è stata utile?
Mi piace il rugby perché c’è rispetto tra la tua squadra,la squadra avversaria,l’arbitro e anche tra il pubblico regna il rispetto
5. Puoi dirmi 3 parole che collegano il rugby alla libertà?
Viaggiare, lealtà,raggiungere obbiettivi
6. Cosa significa per te vivere in una terra di libertà?
La libertà è fondamentale per vivere una vita serena,poter decidere di fare o di non fare qualsiasi cosa è libertà,non avere costruzioni è libertà,essere rispettati e rispettare è libertà,studiare,fare sport,arte,guidare,ricevere cure mediche, avere da mangiare da bere è libertà .vivere in una terra di libertà è vitale , irrinunciabile
7. Quale oggetto ti rappresenta di più?
Il simbolo della farfalla perché purtroppo quando avevo 20 anni, un anno dopo il mondiale del 1991 svoltesi in Galles, la mia tiroide è andata in tilt (la tiroide ha la forma di una farfalla, ndr) e ho dovuto smettere di fare rugby a livello agonistico e non agonistico. Ad oggi vivo con questa patologia,con i suoi alti e i suoi bassi.
8. Quale è un aforisma che guida la tua vita?
“La salute è l’unità che dà valore a tutti gli zeri della vita” perché quando si sta male è come essere in gabbia, senza libertà, è una lotta continua per superare l’ostacolo del malessere, ti senti a terra e non vedi l’ora di ritornare a stare bene.
Maristella Cimini
Tallonatrice
1. Quando hai iniziato a giocare a rugby?
Era il 1987, avevo 16 anni
2. Come hai scoperto la sua esistenza?
Mio fratello, 10 anni più grande di me, giocava a rugby.
Una sera, la sua compagna, mi disse che avrebbero provato a fondare un gruppo femminile, mi chiese:”vuoi venire?” il mio sogno si avverava!
3. Cosa hai imparato dal rugby che ha avuto un impatto sulla tua vita quotidiana?
Ho imparato che è possibile andare oltre l’ostacolo, ho imparato la condivisione, la collaborazione, la sorellanza, l’impegno per un progetto comune.
4. Puoi farmi un esempio di quando una mentalità rugbistica ti è stata utile?
Il rugby è nella mia pelle, nella mia vita quotidiana, spesso mi accorgo di quanto l’impronta rugbistica sia presente.
Il rispetto di se stessi e delle persone con tutte le loro particolarità, il desiderio di non entrare in conflitto ma di trovare un punto di comprensione. Nell’educazione dei miei figli, la volontà di aiutarli a capire che le soluzioni ai loro problemi e alle difficoltà, sono loro a doverle trovare e non possiamo essere noi genitori a dargliele, non è facile, ma come nel rugby, la consapevolezza di un passaggio con sostegno può portare alla meta, così nella genitorialità, dare esempio di rispetto e sostegno ai figli senza dare soluzioni pronte, porta alla crescita, loro e nostra.
5. Puoi dirmi 3 parole che collegano il rugby alla libertà?
GIOCO
SCELTA
RISPETTO
Il gioco è gioia, divertimento, istinto allo stato puro ed espressione del proprio essere.
Se a questo aggiungiamo il rispetto di se e degli altri, ogni scelta fatta porta ad uno stato di libertà interiore ed infinite possibilità.
Libera di essere!
6. Cosa significa per te vivere in una terra di libertà?
Amare senza condizionamenti, amare se stessi in primis, respirare la vita, la natura, conoscersi e lavorare su se stessi per poi poter condividere la nostra essenza con gli altri, questa è la mia terra di libertà.
7. Quale oggetto ti rappresenta di più?
Rugbisticamente parlando, il mio paradenti! Tutto masticato e che dopo tanti anni ho ancora da qualche parte, il paradenti per me doveva essere perfettamente formato sulla mia dentatura, non troppo stretto, non troppo largo, la mia protezione di sicurezza, la mia copertina di Linus… con lui, un altro oggetto, il nastro isolante! Economico, efficace, possibilmente colorato, che usavo per la fasciatura del mio pollice….un’altro grande alleato per il gioco.
8. Quale è un aforisma che guida la tua vita?
“Ama e fa ciò che vuoi”
Bruna Collodo
3/4 centro
1. Quando hai iniziato a giocare a rugby?
Nel 1978/79
2. Come hai scoperto la sua esistenza?
Famiglia appassionata
3. Cosa hai imparato dal rugby che ha avuto un impatto sulla tua vita quotidiana?
Sono praticamente cresciuta con il rugby e le sue dinamiche, valori, amicizia.
4. Puoi farmi un esempio di quando una mentalità rugbistica ti è stata utile?
Nel lavoro
5. Puoi dirmi 3 parole che collegano il rugby alla libertà?
A mio avviso il rugby non si può collegare alla libertà, ci vogliono impegno, dedizione, sacrifici (specie nel femminile) rispettare regole di gioco e di gruppo, anche se nel gioco sembra ci sia la libertà così non è.
6. Cosa significa per te vivere in una terra di libertà?
Terra di libertà per fortuna è dove vivo io, nel mio orticello e fuori!
7. Quale oggetto ti rappresenta di più?
Non mi riconosco in un oggetto. Posso dire di essere “colla o collante”.
8. Quale è un aforisma che guida la tua vita?
“Vivi e lascia vivere.”
Lara Fabbri
3° centro / 2° linea
1. Quando hai iniziato a giocare a rugby?
Settembre 1989
2. Come hai scoperto la sua esistenza?
Giocava una mia compagna di classe del liceo
3. Cosa hai imparato dal rugby che ha avuto un impatto sulla tua vita quotidiana?
Arrivando da uno sport individuale posso dire che sono molte le cose che ho imparato da questo sport di squadra, la più importante il valore della collaborazione e condivisione
4. Puoi farmi un esempio di quando una mentalità rugbistica ti è stata utile?
Praticamente nella quotidianità del mio lavoro; con i ragazzi del mio team utilizzo molto ciò che il rugby mi ha insegnato; il gruppo è la forza motrice, se sbaglia uno c’è sempre qualcuno pronto a venire in soccorso, dall’errore si crea un’opportunità; con un obiettivo comune e condiviso è più facile raggiungere la performance
5. Puoi dirmi 3 parole che collegano il rugby alla libertà?
Per me, soprattutto all’inizio della pratica di questo sport, ha significato autodeterminazione , libertà di scelta, indipendenza
6. Cosa significa per te vivere in una terra di libertà?
Pensare, agire,esprimermi, scegliere autonomamente ma anche rispetto dei consigli e delle opinioni altrui.
una terra libera è una terra senza guerra, senza prevaricazioni, senza fame.
una terra libera è fatta da persone istruite che sanno cogliere e accogliere la diversità e non ne hanno paura.
una terra libera è una terra dove tutti possono accedere ai servizi di base , alle cure mediche, all’istruzione.
una terra libera è dove posso andare in giro alle 2 di notte senza aver paura di essere molestata.
una terra libera è dove lo stato tutela le categorie più fragili o in difficoltà.
una terra libera è dove esiste una giustizia riparativa.
una terra libera è dove tutti pagano equamente le tasse e gli stipendi ti permettono di vivere dignitosamente.
una terra libera in questo periodo storico è sempre più un’ utopia.
7. Quale oggetto ti rappresenta di più?
Non esiste un solo oggetto che mi rappresenta, ce ne sono stati diversi e sono cambiati nell’arco degli anni e con le diverse attività. Oggi sceglierei i miei inseparabili ventagli, tutti rigorosamente colorati e scelti in base all’occasione. Mi aiutano a stare meglio con me stessa e con gli altri e non è cosa da poco
8. Quale è un aforisma che guida la tua vita?
“So di non sapere.”
Marzia Ghirardini
Mediano di apertura
1. Quando hai iniziato a giocare a rugby?
Ho iniziato a giocare a rugby nel 1982 con il Rugby Vicenza.
2. Come hai scoperto la sua esistenza?
All’ epoca avevo un fidanzato che giocava nel Vicenza Rugby.
Io arrivavo dall’ atletica leggera praticata molto seriamente con allenamenti giornalieri. Avevo il desiderio di provare uno sport di squadra.
Alcune compagne di allenamento di atletica erano passate negli anni al rugby e mi hanno convinto a provare.
3. Cosa hai imparato dal rugby che ha avuto un impatto sulla tua vita quotidiana?
Il rispetto delle persone, delle regole, della varietà di personalità, dei percorsi individuali, il bello di essere squadra.
4. Puoi farmi un esempio di quando una mentalità rugbistica ti è stata utile?
Lavoro nell’ ambito della disabilità grave e l’accettazione e il rispetto per gli altri mi permette quotidianamente di lavorare in una equipe multidisciplinare con l’ obiettivo di far emergere le competenze di ognuno.
5. Puoi dirmi 3 parole che collegano il rugby alla libertà?
Natura, scelta, condivisione.
6. Cosa significa per te vivere in una terra di libertà?
Poter scegliere e poter dire NO.
7. Quale oggetto ti rappresenta di più?
Il cerotto in garza che mettevo prima di praticare sport.
Ho sempre avuto i piedi molto delicati e da quando ho fatto sport ho dovuto fasciare talloni e unghie.
Ho imparato a riconoscere i miei limiti e prevenirli senza che questi diventino un problema per poter andare oltre.
8. Quale è un aforisma che guida la tua vita?
La bellezza delle diversità con l’idea che c’è bisogno di tutti.
Manuela Grigolato
Seconda linea
1. Quando hai iniziato a giocare a rugby?
Nel 1980-81, a Vicenza
2. Come hai scoperto la sua esistenza?
Ho perso una scommessa con una mia compagna di classe alle superiori che giocava a rugby e quindi sono andata a “provare questo strano sport” facendo alcuni allenamenti. Praticavo pallavolo e karate, ma il rugby mi appassionò fin da subito!
3. Cosa hai imparato dal rugby che ha avuto un impatto sulla tua vita quotidiana?
Il rugby per me è diventato uno stile di vita in quanto l’impegno ed i valori applicati sul campo sono gli stessi che adotto nella vita di tutti i giorni e che insegno ai miei alunni a scuola.
Il rugby, come la vita, richiede grande impegno fisico e mentale e richiede valori importanti come la lealtà, il rispetto e la collaborazione. Giocare a rugby significa sviluppare una mentalità vincente e imparare a lavorare insieme come squadra per raggiungere l’obiettivo comune.
Il rugby è uno sport che ti mette alla prova, fisicamente e mentalmente. Sì, è vero, ci sono scontri fisici intensi, ma la lealtà e il rispetto sono valori fondamentali che lo caratterizzano.
Quando giochi a rugby, impari a dare il massimo e a non arrenderti mai. La fatica è una compagna costante, ma è proprio questa che ti aiuta a temprare il carattere e a sviluppare la forza di volontà. E questi valori non rimangono solo sul campo da gioco, ma si traducono anche nella vita di tutti i giorni.
Una delle cose più belle del rugby che riporto costantemente nel mio ambiente lavorativo è l’equilibrio perfetto tra il gruppo e l’individuo: la palla viene passata di mano in mano e ogni giocatore ha un ruolo importante da svolgere, ma si avanza insieme verso la meta, uniti e compatti con un unico obiettivo, proprio grazie alle caratteristiche di ognuno.
Un altro valore fondamentale presente nel mio quotidiano è il rispetto. Giocare a rugby significa imparare a rispettare i compagni di squadra e gli avversari, l’arbitro e le regole, e il gioco stesso e, di conseguenza, imparare a rispettare anche se stessi.
Giocando a rugby ho imparato ad essere coraggiosa, a prendere decisioni rapide e strategiche, ad essere leale e disposta a fare sacrifici per il bene della squadra. Dovevo essere pronta a sostenere le mie compagne, anche se la loro scelta non era stata la migliore, e questo è il vero spirito del rugby: andare sempre in sostegno al compagno di squadra!
Giocare a rugby mi ha anche aiutato a sviluppare una mentalità vincente: quando ti alleni duramente per vincere, condizioni non solo il corpo, ma anche la mente, impari a dare il massimo e a non accontentarti di risultati mediocri. È una mentalità che mi ha accompagnato nella vita, e che mi ha aiutato a raggiungere i miei obiettivi.
4. Puoi farmi un esempio di quando una mentalità rugbistica ti è stata utile?
Difficile scegliere un singolo episodio, perché, come detto, la mentalità rugbistica per me è una costante. Sicuramente mi è utile a scuola, quando devo gestire classi di studenti con livelli di abilità e motivazione diversi. Grazie alla mentalità rugbistica, riesco a creare un ambiente di apprendimento positivo e inclusivo, dove tutti gli studenti si sentono motivati e supportati, possono sviluppare le loro abilità fisiche e sociali ed imparare valori importanti come il lavoro di squadra, la lealtà e il rispetto per gli altri. Ma è molto utile anche con i colleghi, per lavorare efficacemente in team, superare le difficoltà e raggiungere gli obiettivi comuni.
5. Puoi dirmi 3 parole che collegano il rugby alla libertà?
1. Passione: il rugby è uno sport che richiede passione e dedizione e la libertà di seguire le proprie passioni e di esprimere sé stessi attraverso il gioco è fondamentale.
2. Inclusione: L’inclusione è un aspetto importante del rugby che consente a persone di diverse origini, età e abilità di giocare insieme. La libertà individuale di partecipare al gioco senza essere esclusi o discriminati è fondamentale per creare un ambiente di gioco positivo e accogliente. L’inclusione sociale nel rugby può aiutare a rompere le barriere e a promuovere la coesione sociale.
3. Comunità: il rugby è spesso associato a una forte senso di comunità e di appartenenza e la libertà di essere sé stessi all’interno di una squadra è importante.
La comunità è collegata alla libertà di essere sé stessi e di appartenere a un gruppo.
6. Cosa significa per te vivere in una terra di libertà?
Vivere in una terra di libertà significa avere la possibilità di esprimere sé stessi, scegliere, partecipare e crescere in un ambiente che garantisce diritti e protezioni fondamentali.
7. Quale oggetto ti rappresenta di più?
Domanda difficile…
I miei alunni probabilmente direbbero le scarpe da ginnastica perché le indosso sempre.
Ho chiesto a mia figlia ed ha detto: una bollicina dell’acqua gasata o del vino frizzante perché sono sempre in movimento e con un carattere “effervescente”
8. Quale è un aforisma che guida la tua vita?
“Da soli si va più veloce, insieme si va più lontano”
Silvia Lolli
Mediano di mischia / Tre quartia
1. Quando hai iniziato a giocare a rugby?
1982
2. Come hai scoperto la sua esistenza?
Ho conosciuto Anna Basile che mi ha invitata ad andare ai campi di polo dentro villa Pamphili. La squadra di Salvatore Gallo prof. Di educazione fisica all istituto Ceccherelli, si allenava in quel grande spazio delimitando l area di gioco con le cinte avvolgibili delle serrande e con i coni di plastica.
3. Cosa hai imparato dal rugby che ha avuto un impatto sulla tua vita quotidiana?
Il rugby è stato un amore travolgente, la mia più grande ed importante passione. Ero innamorata di tutto. Ricordo ancora le emozioni che provavo. L’eccitazione e la meraviglia di fronte all’acquisto dei miei primi pantaloncini bianchi e la maglia bianca a strisce rosse orizzontali con i bottoni in gomma morbida, acquistati presso il negozio “la stelletta” di Rocco Caligiuri. Lui che ci diede 1 milione di lire per finanziare il primo torno di rugby femminile a Roma, credo nel 1986.
L’impatto del rugby sulla mia vita è stato totale. Ho imparato che sono una protagonista nella vita, ho imparato che sono generosa, forte, volitiva, aggressiva, veloce, tenace,tanto è tanto altro.
4. Puoi farmi un esempio di quando una mentalità rugbistica ti è stata utile?
Nel rugby conta la squadra, conta il gruppo e quello che si riesce a mettere in campo. Il risultato comune. La mentalità rugbystica mi ha aiutato nel vivere il mio lavoro in un sistema rigido come spesso può essere una struttura sanitaria. Io ho vissuto il mio lavoro guardando sempre al risultato migliore da raggiungere, sono stata generosa, stimolante per altri, incentivandoli, incoraggiandoli sia nei corsi di formazione delle professioni sanitarie come docente/relatore, che nei rapporti con i colleghi.
5. Puoi dirmi 3 parole che collegano il rugby alla libertà?
Correre, abbracci, uguaglianza.
6. Cosa significa per te vivere in una terra di libertà?
Poter vivere per le possibilità che ho, senza che ci siano condizionamenti apriori.
Tutti posso esprimere se stessi e contribuire al benessere comune
7. Quale oggetto ti rappresenta di più?
La scarpa da gioco, mi rappresenta perché sono la versione migliore di me stessa, sono felice, super felice e mi sento al meglio di me stessa, invincibile e possente.
8. Quale è un aforisma che guida la tua vita?
Non ho un aforisma, potrei dire “sii sempre te stesso”.
Sabrina Melis
Terza linea, Secondo centro-ala
1. Quando hai iniziato a giocare a rugby?
All’età di 16 anni, nel 1986
2. Come hai scoperto la sua esistenza?
Attraverso una mia amica ho scoperto che nella sua scuola stavano formando una squadra di rugby femminile, mentre nella scuola che frequentavo esisteva solo la squadra maschile.
3. Cosa hai imparato dal rugby che ha avuto un impatto sulla tua vita quotidiana?
Dal rugby ho imparato che i risultati si ottengono solo con impegno e costanza. Ho scoperto che nei momenti difficili possiamo contare su risorse interiori che non pensavamo di avere, come la forza di volontà e la determinazione. Inoltre, ho capito quanto siano importanti l’amicizia e il sostegno degli altri, che rendono ogni sfida più affrontabile anche nella vita di tutti i giorni.
4. Puoi farmi un esempio di quando una mentalità rugbistica ti è stata utile?
Mi ha sempre aiutato ad organizzarmi meglio, a fissare degli obiettivi realistici e a non arrendermi davanti alle prime difficoltà
5. Puoi dirmi 3 parole che collegano il rugby alla libertà?
Coraggio, sfida, passione.
6. Cosa significa per te vivere in una terra di libertà?
Significa potersi esprimere senza paura di essere giudicata o limitata da pregiudizi.
Significa sentirsi libera di scegliere chi essere, sapendo che il valore di una persona si misura per ciò che si è, in quanto essere umano.
7. Quale oggetto ti rappresenta di più?
Non ho un oggetto in particolare che mi rappresenta o che riesca a racchiudere tutte le sfaccettature di chi sono…
8. Quale è un aforisma che guida la tua vita?
Solo attraverso il lavoro costante, l’impegno sincero e l’onestà nei confronti di se stessi e degli altri si ottengono risultati duraturi e veri.
Lorena Moscon
Estremo
1. Quando hai iniziato a giocare a rugby e come hai saputo per la prima volta della sua esistenza?
Ho iniziato a giocare nel marzo del 1983 ed ho scoperto la sua esistenza perchè avevo già 2 fratelli che giocavano rugby da tempo, tutti sportivi in casa ed io facevo ciclismo agonistico già da circa 10 anni.
2. Cosa hai imparato dal rugby che ha avuto un impatto sulla tua vita quotidiana?
Ho imparato che l’unione fa la forza e che lo spirito di sacrificio premia.
3. Puoi farmi un esempio di quando una mentalità rugbistica ti è stata utile?
Questa mentalità mi è tornata utile in ambito lavorativo ed anche durante questi ultimi 5 anni.
4. Puoi dirmi 3 parole che collegano il rugby alla libertà?
Ma… non servono parole, Libertà è Libertà.
5. Cosa significa per te vivere in una terra di libertà?
Rispetto reciproco.
6. Quale oggetto ti rappresenta di più?
Non riesco a pensare che un “oggetto” mi possa rappresentare… sono tutt’altro che un oggetto.
7. Quale è un aforisma che guida la tua vita?
Ama il prossimo tuo come te stesso… e tutto sarà migliore.
Lorena Nave
Estremo
1. Quando hai iniziato a giocare a rugby e come hai scoperto della sua esistenza e come hai scoperto la sua esistenza?
Nel 1983 tramite un amica che faceva atletica con me, che mi disse che c’era un gruppo che si allenava a Lancenigo. Non sapevo nulla di rugby né come fosse fatto un pallone, ma dal primo allenamento sono passati 20 anni di AMORE PURO PER QUESTO SPORT.
2. Cosa hai imparato dal rugby che ha avuto un impatto sulla tua vita quotidiana?
Ho imparato cosa voglia dire fare SQUADRA e soprattutto: rispetto, disciplina, umiltà, lealtà, amicizia e resilienza. Tutti valori che mi hanno allenata e forgiata sia come atleta che come persona. Ritengo il rugby una “scuola di vita”.
3. Puoi farmi un esempio di quando una mentalità rugbistica ti è stata utile?
La mentalita rugbistica: “uniti si vince sempre” – la forza del guppo e stata stimolante e ci ha permesso come squadra “Red panthers”” di ottenere tanti titoli italiani è non solo- il fare “squadra”, mi ha aiutato anche nell’ambito lavorativo, l’obbiettivo
da raggiungere tutte assieme rimanendo unite seppur conservando le proprie diverse caratteristiche.
4. puoi dirmi 3 parole che collegano il rugby alla libertà?
Fiducia reciproca, rispetto delle regole, inclusione
5. cosa significa per te vivere in una terra di libertà?
Democrazia, essere sé stessi sempre senza paura del giudizio, libere di esprimere le proprie opinioni, la possibilità di scegliere il proprio percorso di vita, seguire le proprie passioni.
6. Quale oggetto ti rappresenta di più?
Non un oggetto ma un animale:mi identifico come una farfalla, perché durante la sua vita subisce una trasformazione. Il rugby mi ha aiutata tanto ad essere più socievole (ero timidissima) a “rialzarmi da terra” dopo aver fatto una scelta sbagliata (la rinascita)… poi la crescita personale.
7. Quale è un aforisma che guida la tua vita?
CARPE DIEM – vivi pienamente il presente, godendo di tutto quello che la vita ti offre, senza rimandare al domani, perché potrebbe essere già tardi.
Antonella Rossetti
Terza linea
1. Quando hai iniziato a giocare a rugby?
Nel 1980
2. Come hai scoperto la sua esistenza?
Tramite un amico.
3. Cosa hai imparato dal rugby che ha avuto un impatto sulla tua vita quotidiana?
La vera amicizia.
4. Puoi farmi un esempio di quando una mentalità rugbistica ti è stata utile?
Non so quanto la mentalità rugbystica mi sia stata utile.
Ritengo che questa cambi in base alla persona ed al ruolo che ha giocato.
5. puoi dirmi 3 parole che collegano il rugby alla libertà?
Parit di diritti, di fare quello che mi piace, fratellanza.
6. cosa significa per te vivere in una terra di libertà?
Essere me stessa.
7. Quale oggetto ti rappresenta di più?
Non sono un oggetto!!!
8. Quale è un aforisma che guida la tua vita?
“A un buon guerier ogni arma serve.”
Roby Segantini
1. Quando hai iniziato a giocare a rugby?
Ho iniziato a giocare a rugby all’universita, ma in realta era gia nel mio DNA: fin da piccola giocavo con i miei cugini, tutti rugbisti. Quando mi e stato proposto di unirmi a una squadra, e stato un passaggio naturale… come se aspettassi solo il fischio d’inizio.
2. Come hai scoperto la sua esistenza?
Difficile non sapere cose il rugby quando sei l’unica femmina in mezzo a una banda di cugini che si placcano anche a tavola. Diciamo che ho scoperto il rugby insieme alle prime sbucciature sulle ginocchia.
3. Cosa hai imparato dal rugby che ha avuto un impatto sulla tua vita quotidiana?
Che puoi cadere cento volte, ma se hai una squadra che ti sostiene e la voglia di rialzarti, nessuna meta e troppo lontana. E che a volte la vera vittoria e riuscire a passare la palla al momento giusto.
4. puoi farmi un esempio di quando una mentalità rugbistica ti è stata utile?
Ogni volta che nella vita qualcosa mi ha messo a terra, ho tirato su la testa come in un ruck e sono andata avanti. Nella vita, come in campo, serve cuore, determinazione e la capacita di non mollare mai.
5. puoi dirmi 3 parole che collegano il rugby alla libertà?
Coraggio, solidarieta, espressione. Il rugby ti insegna a essere te stessa, a scegliere per la squadra e a correre libera verso la meta.
6. cosa significa per te vivere in una terra di libertà?
Poter scegliere chi essere, poter sbagliare e ricominciare, poter giocare il mio gioco con le mie regole… ma sempre con rispetto per quelle degli altri.
7. Quale oggetto ti rappresenta di più?
Un paio di scarpe da rugby: apparentemente tozze, sempre sporche di fango, ma pronte a scattare verso qualsiasi traguardo. E poi portano i segni delle battaglie… e delle vittorie!
8. Quale è un aforisma che guida la tua vita?
“Non si smette di giocare perche si invecchia, si invecchia perche si smette di giocare”. Lo spirito giusto, dentro e fuori dal campo.
Sedra Tartagni
Pilona – Tallonatrice
1. Quando hai iniziato a giocare a rugby e come hai scoperto della sua esistenza?
Cominciai nel 1984 grazie ad una amica trevigiana – Lorena Moscon – con la quale correvo in bicicletta, la quale mi diete di numero di Isabella Doria.
2. Cosa hai imparato dal rugby che ha avuto un impatto sulla tua vita quotidiana?
Credere di più nel sostegno altrui.
3. Puoi farmi un esempio di quando una mentalità rugbistica ti è stata utile?
Tutto ha una soluzione, basta cercarla e non mollare mai.
4. Puoi dirmi 3 parole che collegano il rugby alla libertà?
Rispetto, solidarietà, sostegno.
5. Cosa significa per te vivere in una terra di libertà?
Accettazione delle diversità ed essere sé stesse.
6. Quale oggetto ti rappresenta di più?
Più che un oggetto è un animale mitologico… la fenice che rinasce sempre dalle sue ceneri.
Me lo sono anche tatuata.
7. Quale è un aforisma che guida la tua vita?
L’arrivo è sempre un punto di partenza. Avanzare ed evolversi sempre.
Elena Tescola
Terza linea
1. Quando hai iniziato a giocare a rugby e come hai scoperto della sua esistenza?
Nel 1988 e l’ho scoperto grazie ad un amico, Chicco.
2. Cosa hai imparato dal rugby che ha avuto un impatto sulla tua vita quotidiana?
Questo è il rugby, questa è la vita: non voltare mai le spalle ma entra in contatto.
3. Puoi farmi un esempio di quando una mentalità rugbistica ti è stata utile?
Qualcosa si può sempre fare.
4. Puoi dirmi 3 parole che collegano il rugby alla libertà?
Scelta – viaggio – meta.
5. Cosa significa per te vivere in una terra di libertà?
La leggerezza dell’andare, il magnetismo dello stare… la possibilità di tornare.
6. Quale oggetto ti rappresenta di più?
Non ho un oggetto, ma un elemento: l’acqua… PANTA REI.
7. Quale è un aforisma che guida la tua vita?
Contare su una bacchetta magica, su una briscola forte, su un colpo di fortuna o su un incontro felice… per poter volare almeno una volta, in mezzo ai pali.
Vania Fabris
Tallonatore
1. Quando hai iniziato a giocare a rugby e come hai scoperto della sua esistenza?
Nel 1980
2. Come hai scoperto la sua esistenza?
Giocavano vicino a casa mia e sia mio marito che mio fratello giocavano a rugby.
3. Cosa hai imparato dal rugby che ha avuto un impatto sulla tua vita quotidiana?
Resilienza, costanza, saper reagire ai problemi per trovare soluzioni, il senso di appartenenza e squadra.
4. Puoi farmi un esempio di quando una mentalità rugbistica ti è stata utile?
Nel lavoro saper affrontare e superare le problematiche e fare spirito di squadra con i collaboratori, lavorare in team per crescere.
5. Puoi dirmi 3 parole che collegano il rugby alla libertà?
Essendo che ho iniziato in un periodo che per il rugby femminile c’erano ancora molti preconcetti, giocare a rugby per molte indicava anche la libertà di scegliere, quindi 3 parole: libertà di scegliere, giocare e credere.
6. Cosa significa per te vivere in una terra di libertà?
Vivere senza discriminazioni e preconcetti.
7. Quale oggetto ti rappresenta di più?
La borsa, sempre pronta a partire e vivere nuove emozioni.
8. Quale è un aforisma che guida la tua vita?
“Un vincitore è un sognatore che non si è mai arreso”. (Nelson Mandela)
Erika Morri
1. Quando hai iniziato a giocare a rugby e come hai scoperto della sua esistenza?
A 18 anni in quinta superiore, ma pur essendo figlia di un rugbista ed avendo vissuto tutta la mia infanzia al campo (pensavo di avere tantissimi zii ed invece erano i giocatori di mio padre), mi portò una mia compagna degli scout.
2. Cosa hai imparato dal rugby che ha avuto un impatto sulla tua vita quotidiana?
Che dopo un “placcaggio duro della vita” ci si rialza e si cerca di capire cosa ci sia di buono su cui lavorare e cosa buttare
3. Puoi farmi un esempio di quando una mentalità rugbistica ti è stata utile?
Nella mia vita e per i 21 anni che ho giocato, ho sempre dovuto lavorare e giocare, non esisteva il professionismo, per cui giocando sino a 40 anni, ho dovuto organizzarmi per poter gestire il mio tempo e le energie per vivere come volevo. Come in campo, si gestiscono tempi e spazi per creare un gioco che ti permetta di arrivare alla meta.
Poi verso i 35 anni ho cominciato a capire che invece era stata la mia fortuna, e per mestiere racconto come lo sport ti renda consapevole delle tue forze.
Non ci sono sacrifici, ci sono scelte.
4. Puoi dirmi 3 parole che collegano il rugby alla libertà?
Decisione, squadra, energia circolare.
5. Cosa significa per te vivere in una terra di libertà?
Significa poter decidere di vivere – nel rispetto degli/delle altre – come mi sento ed esprimere me stessa senza timore di essere vessata per delle opinioni divergenti. Significa condividere opinioni ed essere in un clima di confronto che accetti le visioni di tutti/e accettando la diversità come una ricchezza.
6. Quale oggetto ti rappresenta di più?
I miei anelli. Uno è tondo e si appoggia sul dorso della mano e l’altro è una linea che corre su 3 dita… che si appoggia sempre sul dorso della mano. Hanno 2 significati: uno rugbistico, dove il cerchio rappresenta una mischia vista dall’alto e l’altro la linea dei 3/4 ed uno più Erika dove il cerchio rappresenta la perfezione a cui cerco di tendere ogni giorno (ma c’è ancora tutto quel braccio di distanza e che quindi non raggiungerò mai), e quello che copre le 3 dita… che lo punto verso l’alto… ed è una linea di energia verso il cielo.
Rappresentano le tante parti che ci compongono e il mio vivere tra il rigore e la creatività.
7. Quale è un aforisma che guida la tua vita?
“Non ci sono super eroi/eroine. Solo noi. Noi siamo quelli/e che stiamo aspettando per risolvere le cose.” Shiza Shamid
RUGBY EMPOWERMENT PER LA VITA – LA STORIA SIAMO NOI
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